Osservatorio
Rinascimento Vivo: La Nuova Era degli Eventi Musicali

Occasioni e spettacoli dal vivo si moltiplicano mentre, nell’ultimo anno, gli acquisti di strumentazione per live o diffusione musicale sono aumentati dell’80%. Coda lunga della reazione al Covid o nuovo Rinascimento?
Immaginate un mondo che cresce, con fiducia e regolarità, sia da un punto di vista demografico che economico. Un mondo in cui si sottrae terreno alla natura selvaggia per metterlo a coltura e ricavarne ancora più materie prime. Certo, in tale scenario, le guerre sono ancora tante e i più sensibili iniziano a rendersi conto che il clima e le stagioni stanno cambiando in maniera preoccupante. Ma, in fondo, nonostante tutto, questo mondo va avanti deciso per la sua strada, apparentemente senza incontrare ostacoli per la sicurezza e lo sviluppo generali. Ci sono benessere e mobilità sociale: sempre più persone non si limitano a mettere il pane a tavola, ma badano anche a costruire nuove fortune e a investire in bellezza e arte. Poi, a un certo punto, arriva il patatrac. Un male, sostanzialmente sconosciuto, fa la sua tragica comparsa. Si porta con sé le fasce più deboli della popolazione e, soprattutto, getta nel panico l’intero sistema, bloccando tutte quelle attività considerate superflue.
Scommetto che vi suona familiare. Eppure non sto affatto parlando del 2020, bensì del 1348, l’anno della Peste Nera. Con le dovute precauzioni, infatti, le analogie non mancano. Non a caso, Alessandro Barbero, il medievista più famoso e più coinvolgente d’Italia, dedicò la sua prima conferenza pubblica post-lockdown, nel settembre 2020, proprio alla peste nella storia. Chiaramente i danni che la pandemia medievale provocò non sono affatto paragonabili a quelli portati dal Covid-19. Gli storici che si sono occupati di demografia stimano che la prima ondata di peste bubbonica ridusse la popolazione europea di 1/3, mentre il Sars Cov-2, grazie ovviamente alla medicina contemporanea e alla capacità dei governi di mettere oggi in campo azioni di contenimento efficaci in tempi brevi, ha portato alla morte di circa 6.490.000 persone in tutto il mondo (dati del dicembre 2023). Tante, ma in percentuale infinitamente di meno rispetto alle morti provocate da peste e altre pandemie più recenti (si pensi all’influenza spagnola del 1918).
Cosa c’entra tutto questo con la musica e lo spettacolo? Le crisi sono parte integrante dell’esperienza umana nella storia e, da sempre, tendono a far pagare il loro scotto all’arte e a tutte le manifestazioni che non consideriamo necessarie sotto il peso terribile della contingenza. Così, ad esempio, la peste bloccò per sempre il cantiere che avrebbe dovuto rendere il Duomo di Siena la cattedrale più grande d’Europa. Ma le crisi hanno sempre il rovescio della medaglia. Chi sopravvive, chi riesce a venirne fuori tende a dare un valore nuovo ai giorni che, in un certo senso, gli sono stati donati. Non c’è niente di più propositivo di una società risorta dalle sue ceneri e, in effetti, Umanesimo e Rinascimento, quelle correnti culturali che attraversarono l’Italia e l’Europa tra Quattrocento e Cinquecento, portando a una risorgenza generale delle arti, furono sicuramente in parte figlie della crisi del Trecento. Quando l’artista e il suo pubblico riconoscono insieme la “caducità della vita” è quasi inevitabile una certa effervescenza di cultura e spettacolo. “Chi vuol esser lieto, sia: del doman non v’è certezza”, scrisse un magnifico poeta.
E così, forse, ci saremmo dovuti aspettare senza troppa meraviglia che, dopo due anni di esibizioni dal vivo bloccate o portate avanti a singhiozzi, la fame di performance live e di occasioni di incontro legate alla musica sarebbe stata così eccezionale e accompagnata da un entusiasmo così inedito. In effetti, nella seconda parte del Novecento è davvero complicato rintracciare uno stop e una cesura così nette in relazione agli spettacoli dal vivo. Sicuramente non era mai capitato, dalla fine del secondo conflitto mondiale in poi, che tutto il mondo contemporaneamente dovesse rinunciare, in buona sostanza, a godersi la libertà di assembramento in teatri, festival, stadi e locali per ascoltare musica o assistere a performance live.
Forse l’unico paragone possibile è quello con l’ex URSS e i suoi stati satellite dopo la caduta del Muro. Tali eventi riaprirono letteralmente questi Paesi al resto del mondo e alla musica che vi veniva prodotta. Va ricordato infatti che in tutti i Paesi rientranti nella sfera del Patto di Varsavia, il rock, visto paradossalmente come massima espressione dell’ideologia capitalista americana, era apertamente osteggiato dal sistema di partiti unici al potere. Questo voleva dire, per gli artisti e per gli appassionati del genere, agire ai limiti della clandestinità, grazie alle radio pirata e al contrabbando di dischi e nastri. Di eventi e locali dedicati neanche a parlarne. Non a caso, quando sul finire degli anni ottanta, a Berlino ovest, si organizzarono concerti al Reichstag, abbastanza vicino alla frontiera da farsi ascoltare anche “oltre la cortina”, si assistette a manifestazioni spontanee di giovani che, ascoltando David Bowie o Michael Jackson, iniziarono a inneggiare all’abbattimento del muro, costringendo la polizia della DDR a disperderli e a sequestrare le telecamere delle troupe televisive occidentali presenti.
Se pensiamo all’Unione Sovietica, poi, possiamo individuare addirittura la data precisa in cui ogni barriera ideologica venne ufficialmente meno, sgretolandosi davanti alla prepotenza sonora e ai riff delle band che si esibirono al Monsters of Rock, il 28 settembre 1991 all’Aeroporto di Mosca-Tusino. Su Youtube è semplice rintracciare le esibizioni di Metallica, Pantera, AC/DC e Black Crowes e, a distanza di oltre trent’anni, è francamente impossibile non emozionarsi al pensiero di cosa possa aver significato, per oltre un milione di ragazze e ragazzi dell’est Europa, assistere a un live di tale portata storica, un vero e proprio risveglio da un isolazionismo ormai svuotato di ogni senso e imposto in maniera arbitraria da un regime nato all’epoca dei loro nonni e bisnonni. Testimoni raccontano che alcune delle guardie dell’Armata Rossa, incaricate di mantenere l’ordine pubblico all’aeroporto, abbandonarono addirittura la divisa durante il concerto per mescolarsi nella folla con il resto della loro generazione. Una rivoluzione culturale in forma di live ad anticipare la “rivoluzione politica” che sarebbe arrivata di lì a qualche mese.
Ma la storia, si sa, non è fatta solo di grandi eventi e sarebbe, da un punto di vista concettuale, sbagliato parlare di un nuovo Rinascimento Vivo solo guardando ai grandi palchi, quelli su cui si posano gli occhi di tutti.
Certamente non si può ignorare il fatto che anche gli artisti mainstream italiani, quelli da “arena” per intenderci, come Vasco Rossi o Jovanotti abbiano potuto assaporare un rinnovato entusiasmo per i loro tour e spettacoli “signature”. Il Jova Beach Party che, come si sa, non è un semplice concerto ma una vera e propria festa in spiaggia itinerante, ha fatto registrare nell’edizione 2022 oltre 550.000 ingressi nelle location balneari italiane: una manifestazione clamorosa del desiderio che c’è di stare insieme, immersi in un ambiente di festa musicale.
Lo stesso discorso vale per il rocker di Zocca. Nell’autunno 2022, quando si iniziarono a vendere i biglietti per il suo ritorno negli stadi nel 2023, furono staccati 260.000 biglietti online in 4 ore. Per il giugno 2024, invece, l’organizzazione ha dovuto già aggiungere tre date aggiuntive a San Siro, per un totale di 7 date nello stadio calcistico più capiente d’Italia!
Al di là delle manifestazioni macroscopiche, il Rinascimento, in un’epoca dominata dai numeri come la nostra, lo si può verificare da dati e statistiche che parlano della pancia della nostra nazione musicale. I dati raccolti da StrumentiMusicali.net tramite il suo e-commerce, il più utilizzato in Italia e quindi il più rilevante in termini statistici, raccontano una crescita dell’80% degli acquisti in strumentazione per il live e per la diffusione della musica (amplificazione, luci, ecc.). Nessuna delle categorie del nostro shop online che raccoglie ormai attorno a sé la community italiana di musicisti e operatori dello spettacolo è cresciuta a un ritmo così fenomenale negli ultimi 12 mesi. Questo vuol dire che, anche nel sottobosco dei piccoli palchi, dei locali che mettono musica, dei service locali, delle band che costruiscono la propria autonomia live, la crescita post-Covid non si arresta.
A ulteriore riprova, si possono citare i dati raccolti da SIAE, nella sua ultima rilevazione. Nel corso del 2022, sono stati registrati almeno 54.600 spettacoli in Italia, +110% e quindi più del doppio rispetto al 2021, per un totale di almeno 24,3 milioni di spettatori (+411% rispetto al 2021). Anche i locali per concerti sono aumentati, arrivando a superare nel 2022 quota 14.700. Tale dato è particolarmente importante perché vale un +82,15% rispetto alla rilevazione precedente, risalente al 2019, prima del Covid!
E se prendiamo il dato aggregato di tutti gli spettacoli, comprendendo sport, musica, teatro, intrattenimento, si è passati da 1.692.673 eventi nel 2021 a 3.041.457 registrati nel 2022. Mentre i luoghi dello spettacolo in Italia hanno superato quota 102.000 unità (+112,5% rispetto al 2021).
Si può spiegare tutto questo solo con l’onda lunga della reazione al Covid? Lo dicevamo all’inizio: a ogni crisi, segue sempre una rinascenza che può estendersi e prolungarsi temporalmente ben oltre il breve periodo. Forse però, se limitiamo il discorso solo a ciò che ci interessa, ovvero la musica e lo spettacolo, il cambiamento in atto ha anche una spiegazione più profonda. Per anni, nell’era pre-digitale, gli ascoltatori e fruitori di musica sono stati abituati a vivere gli spettacoli come l’unica effettiva occasione di incontro con i propri idoli che venivano conosciuti, in anteprima, solo attraverso qualche comparsata in TV o su riviste. La spesa pro-capite per la musica delle famiglie italiane, nella classe media, era relativamente alta e i giovani appassionati arrivavano a comprare anche 2-3 LP al mese (valore medio negli anni ‘70 tra le 12.000 e le 15.000 lire). Ogni vinile veniva consumato con le orecchie e con gli occhi (i booklet all’epoca erano pop art allo stato puro). Nonostante ciò, per poter ascoltare di più e in maniera più varia, era necessario incontrarsi, scambiare, frequentare locali che diffondessero altra musica o avessero i jukebox.
Poi sono arrivate le cassette, i compact disc, i download più o meno legali e, infine, il trionfo della musica liquida con le piattaforme di streaming. Il risultato è stata una sovraesposizione all’offerta musicale che, per qualche anno, ha entusiasticamente illuso tutti di avere la musica e lo spettacolo a portata di mano, sempre in borsa o in tasca. Si è progressivamente giunti a una svalutazione dell’ascolto, dato sempre più per qualcosa di scontato. L’impressione è che tale situazione - anche se forse non abbiamo ancora la prospettiva e la distanza storica giusta per sostenerlo - abbia tolto valore agli album registrati in studio (oggi le uscite discografiche tendono sempre più all’episodico, al singolo all’EP) e abbia fatto insorgere un nuovo imperante bisogno di esperienze più forti e autentiche.
Anche prima del Covid, dunque, c’era il bisogno - percepito in maniera piuttosto lucida innanzitutto dagli artisti - di una fisicità perduta. La pandemia potrebbe, in tal senso, aver solo tirato ulteriormente la corda di una fionda che puntava già in direzione dell’esperienza fisica. Ora perciò è arrivato il tempo di lasciarsi trasportare da tale trend trainante. Come? La crescita degli investimenti in amplificazione e altra strumentazione per lo spettacolo dal vivo è evidentemente un segno positivo e testimonia l’importanza che tutti gli attori in gioco danno oggi alla costruzione di esperienze fisiche di grande impatto. Per gli artisti e per i luoghi dello spettacolo sarà poi importante fare tesoro del clima positivo e costruire differenziazione e unicità, concependo ogni performance live, ogni concerto e ogni dj set come un atto creativo ed estetico originale. D’altro canto, che Rinascimento sarebbe senza ricerca della bellezza in ogni sua manifestazione?
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