Osservatorio
Editoriale SMMAG! #9 di Piero Chianura

Il mondo della musica è un luogo di ispirazione, creatività e gioia, ma non son sempre “rose e fiori” quando si decide di diventare musicisti di professione. Quando dobbiamo vivere con la musica, ci troviamo ad affrontare sfide impegnative che minano il nostro “benessere mentale” cioè quello stato di equilibrio che permette alla nostra mente di funzionare al meglio anche in presenza di stress.
Un rapporto pubblicato a fine 2023 da Musicians’ Census ( https://www.musicianscensus.co.uk/ ) indaga proprio su questo aspetto spesso trascurato, offrendo un’analisi approfondita dei fattori che influenzano il benessere mentale dei musicisti britannici.
Il rapporto si basa su informazioni dettagliate fornite da quasi 6.000 musicisti dai 16 anni in su “che guadagnano o intendono guadagnare” con la musica ed è condotto su una vasta gamma di musicisti, professionisti e dilettanti.
Dal rapporto emerge che oltre il 60% degli intervistati riporta livelli significativi di stress e ansia a causa di pressioni legate alle prestazioni, alle scadenze e alla natura imprevedibile del lavoro.
Più del 40% di essi ha dichiarato che la mancanza di sicurezza economica è una fonte costante di preoccupazione, specialmente per coloro che dipendono dalla musica come fonte principale di reddito.
Nonostante la natura collaborativa della musica, oltre il 30% dei musicisti si sente in una condizione di isolamento sociale, in parte dovuta alla natura nomade della professione, in parte al costante impegno che può portare al distacco dalla famiglia e dagli amici.
Scopriamo anche alcuni dati curiosi secondo cui, a ruoli e generi musicali differenti, corrispondono tassi di malessere più o meno elevati: i fonici di studio/mastering e quelli live, per esempio, sono tra i più “sofferenti” (38%). Seguono i produttori (37%) i musicisti che lavorano nella musica dance (35%), nel rock & alternative (33%) e nel rap britannico (33%). Tutto ciò si traduce in una condizione di instabilità lavorativa nella fascia di minore anzianità di servizio (i lavoratori più giovani).
Il rapporto è molto dettagliato e conclude consigliando azioni concrete volte a migliorare il benessere mentale dei musicisti, come l’attivazione di programmi di sensibilizzazione e formazione, il miglioramento dell’accesso ai servizi di salute mentale, il sostegno finanziario e la creazione di reti di supporto tra i musicisti.
Certo, stiamo parlando di un ambito geografico e culturale diverso dal nostro, nel quale la musica e i musicisti sono riconosciuti professionalmente e apprezzati come in pochi altri Paesi del nostro continente, ma le preoccupazioni e le aspirazioni individuali espresse nel sondaggio dai musicisti Inglesi non sembrano molto differenti da quelle dei musicisti Italiani.