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Osservatorio di Redazione | 01-09-2024

Editoriale SMMAG! #11 di Piero Chianura

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Editoriale SMMAG! #11 di Piero Chianura

A ottobre di ogni anno si tiene a Shanghai la fiera degli strumenti musicali Music China. Seguo personalmente questa manifestazione, nata nel 2002, fin dalle sue prime edizioni, quando i grandi marchi occidentali di strumenti musicali diedero il via al processo di delocalizzazione della produzione in Cina con l’obiettivo di ridurre i costi della manodopera e al tempo stesso approfittare dell’apertura della Cina nei confronti della produzione occidentale. Dopo la recente crisi pandemica, che ha messo seriamente in discussione la globalizzazione dei mercati e della produzione, qualcuno ha cominciato a chiedermi perché trovo ancora interessante partecipare a questa fiera. La mia risposta sintetica a questa domanda è che la produzione cinese di strumenti musicali ha influenzato e continua a influenzare il nostro mercato. Monitorarlo da vicino è un dovere ancora di più oggi che i media hanno indotto un affievolimento dell’interesse nei confronti della Cina su tutti i fronti.

Se ci limitiamo a osservare il nostro settore e il comportamento delle nostre aziende attraverso le opportunità a loro offerte da Music China, possiamo sintetizzare un’evoluzione di questo tipo: I nostri produttori hanno sfruttato il brand made in Italy per raggiungere la fascia alta del mercato cinese, quello della nuova classe più agiata. Alcuni di questi produttori hanno istruito le neonate fabbriche OEM, in grado di costruire strumenti dal brand italiano a basso costo di manodopera. I nostri distributori, invece, hanno visitato Music China per anni alla ricerca di prodotti made in China da rivendere in Italia, alimentando la fascia entry level del mercato. Si trattava di prodotti inizialmente di qualità mediocre, ma che permettevano a molte più persone di entrare nel mondo della musica in un momento storico di forte crisi economica per il nostro Paese.

Ciò che è accaduto dopo è sotto i nostri occhi. Gli artigiani, i liutai e gli operai delle fabbriche cinesi sono stati buoni allievi e hanno imparato in fretta. Tanto che le grandi aziende di tutto il mondo e in tutti i settori si servono di loro per costruire anche prodotti di fascia alta, non solo tecnologici, e molti marchi leader oggi sono cinesi. Dopo aver appreso dalle botteghe della liuteria cremonese, anche i liutai cinesi oggi costruisco strumenti ad arco la cui unica differenza spesso sta proprio nell’assenza del marchio made in Italy

È anche per questo che oggi occorre ripensare al significato di made in China e made in Italy e ai pregiudizi di valore che si portano dietro, soprattutto alla luce del fatto che molti dei prodotti che crediamo frutto della nostra produzione sono in realtà costruiti in fabbriche cinesi, visto che la dicitura made in Italy oggi può essere usata su un prodotto anche solo in minima parte realizzato (o magari soltanto progettato) in Italia.