Guide all'Acquisto
Behringer SPICE vs Moog Subharmonicon: il Clone Batte Davvero l'Originale?
È una delle sfide più accese e discusse nel mondo dei sintetizzatori: il clone economico può davvero competere con l'originale blasonato? Da un lato abbiamo il Moog Subharmonicon, uno strumento artigianale, innovativo e dal costo importante, che ha introdotto un approccio unico alla creazione di sequenze complesse. Dall'altro, il Behringer SPICE, che ne replica fedelmente ogni funzione a una frazione del prezzo.
La domanda che tutti si pongono è lecita: vale la pena investire nella qualità e nell'innovazione dell'originale, o la versione economica offre un'esperienza talmente simile da rendere la spesa maggiore ingiustificata? Per scoprirlo, li abbiamo collegati, sincronizzati e messi alla prova in una lunga sessione sonora, pronti a scoprirne le differenze più sottili ma decisive.
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Poliritmia e Sub-Armoniche per suoni complessi ed evolutivi
L'architettura di questi strumenti è unica. Invece di un singolo sequencer, ne abbiamo due, indipendenti e a 4 step, ognuno dei quali controlla uno dei due oscillatori principali (VCO). La vera magia, però, risiede nei quattro generatori di ritmo poliritmici.
A differenza di un sequencer tradizionale, qui il ritmo di ogni sequenza non è fisso, ma viene generato dividendo il tempo principale (il clock) per un valore da 1 a 16. Avendo due sequencer con due generatori di ritmo ciascuno, è possibile creare complesse intersezioni ritmiche (poliritmi) in cui le due melodie si inseguono, si sovrappongono e si sfasano, generando pattern che non si ripetono mai uguali.
A questo si aggiungono i quattro oscillatori sub-armonici, due per ogni oscillatore principale, che generano note a intervalli matematici inferiori rispetto alla nota principale, creando accordi e texture armoniche ricchissime e complesse. È uno strumento pensato per la sperimentazione e la creazione di paesaggi sonori ipnotici.


Funzionalità e layout a confronto: stessa anima, corpo diverso
Chi sa usare il Subharmonicon, sa usare anche lo SPICE. Le funzioni, dalla gestione dei sequencer e dei ritmi, alla quantizzazione delle note, fino alla sezione filtro e inviluppi, sono le medesime. La differenza è puramente fisica:
- Moog Subharmonicon: Segue il layout della sua serie (Mother-32, DFAM), con un pannello ampio, spazioso e molto chiaro. Ogni sezione è ben definita, rendendo l'interazione intuitiva e "a colpo d'occhio".
- Behringer SPICE: Adotta il formato compatto e standardizzato della sua linea di cloni (Crave, Edge). Tutti i controlli sono presenti, ma sono stati compressi in uno spazio più piccolo, risultando in un layout "un po' meno leggibile", come detto nel video. Richiede un po' più di abitudine per orientarsi.
Tuttavia, il Behringer ha aggiunto una porta MIDI Thru, assente sull'originale, che permette di inoltrare il segnale MIDI ad altri strumenti in catena, una piccola ma utile comodità.

La prova del suono: eleganza contro potenza
Dopo una lunga sessione sonora, le differenze timbriche tra i due strumenti sono emerse in modo netto, ricalcando quanto già visto nel confronto tra il Behringer Edge e il Moog DFAM.
Il Moog Subharmonicon ha un suono più delicato, elegante e definito. Gli inviluppi sono più "stretti" e veloci, conferendo ai suoni un carattere più "snappy" e percussivo. Le basse frequenze sono presenti ma controllate, e le forme d'onda a dente di sega hanno quella classica "pernacchietta" acida sulle alte frequenze, tipica del suono Moog. È un suono più sottile e raffinato.
Mentre, il Behringer SPICE ha un suono decisamente più grosso, violento e saturo. Le basse frequenze sono più imponenti e il timbro generale è più carico armonicamente. Gli inviluppi sono leggermente più "larghi", producendo un suono meno secco e più corposo. Come dice il nome, ha un carattere più "piccante" e aggressivo.

Conclusione
Al di là del confronto sonoro, la sfida tra Moog Subharmonicon e Behringer SPICE solleva una riflessione più ampia. L'esistenza di cloni così accessibili, sebbene eticamente dibattuta, sta innegabilmente democratizzando la musica elettronica. Concetti di sintesi complessi e sperimentali come la poliritmia sub-armonica, un tempo appannaggio di pochi fortunati disposti a investire cifre importanti, sono oggi alla portata di una nuova generazione di musicisti.
La scelta tra queste due macchine trascende quindi la semplice preferenza timbrica. Acquistare il Moog significa sostenere l'innovazione, premiare chi ha creato un concetto originale e investire in uno strumento artigianale destinato a durare una vita. Scegliere il Behringer significa abbracciare l'accessibilità, ottenendo uno strumento potentissimo che permette di esplorare mondi sonori prima inaccessibili con un budget ridotto. La decisione finale spetta alla coscienza e al portafoglio di ogni musicista.





